Il reddito dei trust non commerciali, non è considerato reddito d’impresa ai sensi dell’art.143 del TUIR ed è determinato dalla somma delle seguenti categorie di redditi ai sensi del predetto articolo:

-   Redditi fondiari;

-   Redditi di capitale;

-   Redditi di impresa;

-   Redditi diversi.

Pertanto rispondiamo ai punti proposti:

1. Nel rispetto delle disposizioni del TUIR riguardo la tassazione diretta dei redditi fondiari;
2. In generale la risposta è positiva anche se si richiederebbe un puntuale commento al rendiconto da riportare anche sul libro degli eventi;
3. l’IMU non è deducibile, viene pagata dal conto corrente del trust o sovente, nella pratica professionale, anche attraverso, anticipazioni del disponente che l’addebita sul suo conto. Il versamento in F24 è eseguito a nome del trust col suo codice fiscale dato che il trust è soggetto entificato solo dal punto di vista fiscale. Il trustee è il proprietario, seppur condizionato e temporaneo, dei beni apportati al fondo in trust e quindi è soggetto obbligato al pagamento dell’imposta;
4. No;
5. Il costo comprensivo dell’IVA è deducibile nel rispetto di quanto disposto dall’articolo 143 del TUIR in base alla tipologia di reddito cui afferisce. I trust (non commerciali) non sono tenuti agli obblighi IVA;
6. Si, il trust è sostituto d’imposta;
7. Basta la ricevuta di bonifico riguardo il cui importo va assolta l’imposta di bollo di 2 euro eventualmente dovuta, anche addebitata al conduttore, applicando la marca sulla ricevuta o mediante pagamento preventivo e consuntivo annuale dell’imposta in F24;
8. Secondo il principio di cassa.

È possibile che un trust, quandanche irrevocabile, ove la legge regolatrice lo consenta, possa prevedere l’anticipazione del termine di durata ma l’atto istitutivo lo deve prevedere e qualcuno deve avere il potere di farlo o di darvi consenso. La rinuncia alla posizione beneficiaria è possibile ma ciò non implica lo scioglimento del trust e resta comunque fermo che si deve individuare quale genere di posizione beneficiaria costoro rivestono. Infine, il ritorno del patrimonio al disponente è possibile ma è necessario verificare cosa prevede al riguardo l’atto istitutivo.

Preliminarmente, pare che il trust sia residente in Italia dato che, pare, che il trustee lo sia altrettanto. Gli immobili anche pare stiano in Italia (il fatto che presso il vecchio Catasto essi risultino ancora annotati in capo al marito non rileva, quello che rileva è quanto risulta presso la Conservatorie dei Registri Immobiliari alle quali annotazioni il Catasto va adeguato) ma non abbiamo preso lettura dell’atto istitutivo di trust ed in particolare non conosciamo quale sia la legge regolatrice scelta dal disponente. Ciò considerato, risponderemo per quanto e come ci sarà possibile.

1. Risposta al quesito n.1: ove il trustee abbia i poteri, ove l’atto non preveda limiti ai poteri del trustee riguardo al trasferimento di beni immobili o d’altro genere e considerando sempre che tali atti siano compiuti a vantaggio dei beneficiari e nell’interesse generale del trust, ipotizziamo una risposta positiva;
2. Risposta al quesito n.2: i proventi da locazioni di beni immobili apportati al fondo in trust saranno tassati in capo al medesimo se trattasi di trust opaco ex articolo 73 del TUIR ed in capo ai beneficiari puntualmente individuati, unicamente quali redditi di capitale, ove trattasi di trust trasparente ai sensi della sopra citata disposizione del TUIR;
3. Risposta al quesito n.3: attraverso un’azione di riduzione ex articolo 554 e seguenti del codice civile;
4. Risposta al quesito n.4: unicamente attraverso atto di citazione a giudizio dinanzi al giudice ordinario a meno che l’atto istitutivo di trust o la legge regolatrice, non prevedano diversamente.

Data la complicatezza delle questioni poste e date le limitatissime informazioni che qui abbiamo a disposizione, si consiglia necessariamente il contributo di un esperto in diritto dei trust e dei rapporti fiduciari che può reperire nell’elenco dei professionisti accreditati nel sito web di questa Associazione al link https://www.il-trust-in-italia.it/index.php?mod=area&mid=11

Questo quesito sposta la luce su un aspetto delicato ed a volte controverso riguardo i trust: può il trustee di un trust destinare un nuovo conto corrente aperto a suo nome in proprio o un conto corrente già esistente a suo nome in proprio, alle attività di uno o più trust di cui è trustee? Autorevole dottrina e prassi professionale rispondono positivamente al quesito a condizione che:

1)  sia certa la data in cui il conto è destinato unicamente o destinato anche a tale attività e ciò attraverso un atto di determinazione del trustee del trust la cui certezza della data è attribuita con apposizione di firma digitale del trustee, con marca temporale, col vecchio metodo della stampigliatura di raccomandata o con registrazione all’Ufficio del Registro, dove il trustee, premettendo quanto dovuto, dichiara che quel conto corrente, adeguatamente identificato è da quella data destinato o anche destinato all’attività di quello specifico trust;

2)  sia tenuta una contabilità separata dei movimenti bancari afferenti al trust.

Sia la domanda che la risposta sono adeguatamente poste. Se l’auto, che è un bene mobile registrato, prima era del signor Rossi che l’ha apportata al fondo in trust e di detto trust, successivamente a tale fatto, egli ha assunto l’ufficio di trustee, evidentemente, non c’è trasferimento alcuno riguardo al mezzo. Prima l’auto era del signor Rossi in proprio, ora è del Signor Rossi nella qualità di trustee dell’Alfa trust. Si richiede pertanto solo un’annotazione al registro e sul libretto, seppur sulla forma, non sapremo proprio cosa dirLe rispetto a quanto potrebbe un’agenzia di pratiche auto. L’annoso dibattito dal quale in parte è scaturita la Circolare 34/E/2022, riguardava l’applicazione delle imposte di successione e donazione e le ipotecarie catastali in misura proporzionale sugli immobili apportati al fondo in trust, come sosteneva l’AdE in forza della precedente circolare 3/E/2008, rispetto all’applicazione in misura fissa, come ha sempre sostenuto la giurisprudenza tributaria. Sui beni mobili registrati, e quindi anche le auto e i motocicli quali più frequenti per gli apporti in trust, il PRA ha sempre fatto giurisprudenza a modo suo considerando ad esempio un normale trasferimento quello dell’auto del disponente che istituiva un trust autodichiarato apportando l’automezzo al fondo. L’unica strada è quella di eccepire formalmente la posizione del PRA richiamando la giurisprudenza di legittimità e di merito (non certo la Circolare AdE 34/E che è norma di comportamento dell’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate e non del PRA). Ovvio che, in caso di ostinato diniego, il passo successivo sarà la via giudiziaria. Tuttavia, se ne vale la pena in linea di principio, ne vale la pena pure in termini pratici?

Il subentro di un nuovo trustee, richiede in generale la dovuta pubblicità. Peraltro l’intervento Notarile è assolutamente indispensabile quando si richiede la trascrizione di beni immobili o mobili registrati dal trustee esistente a quello che viene nominato.

Fermo il consenso dell’acquirente ed esplicitata l’esistenza dell’ipoteca in atto di vendita, generalmente, un immobile gravato da ipoteca di ogni genere può essere trasferito in quanto, l’ipoteca, non ne pregiudica il diritto di proprietà. L’altro aspetto concerne i poteri del trustee o del disponente ove devesse essersi ritenuto alcuni di essi. Quindi, il punto, non è la previsione di una clausola che disponga “che in caso di necessita l'immobile possa essere alienato/venduto” ma la previsione che, solitamente il trustee, abbia i poteri per farlo anche qualora ciò sia possibile solo col consenso di qualcun altro, solitamente il guardiano.

La risposta è positiva se l’operazione è a vantaggio delle posizioni beneficiarie e nell’interesse generale del trust. Tuttavia, sovente, gli istituti di credito richiedono che vi sia evidenza nell’atto istitutivo che il trustee abbia i poteri per operare in tal senso.

L’articolo 48 della Legge 16 febbraio 1913, n.89 (Ordinamento del notariato e degli archivi notarili) dispone che: Oltre che in altri casi previsti per legge, è necessaria la presenza di due testimoni … qualora … il notaio ne richieda la presenza. Il notaio deve fare espressa menzione della presenza dei testimoni in principio dell'atto. L’articolo tuttavia non si applica agli atti di liberalità indiretti per la cui validità non è necessaria la forma pubblica con la presenza dei testimoni. L’articolo 809 c.c. infatti nel richiamare l’applicabilità delle norme della donazione agli altri atti di liberalità, non richiama l’articolo 782 c.c. che prescrive la necessità dell’atto pubblico. Che poi il notaio decida diversamente in stipula, questo è senz’altro possibile. Ci sembra quindi molto forte definire affetto da nullità un atto di apporto in trust in quanto stipulato in assenza di testimoni, considerato che si tratta di un atto di destinazione (i trust sono strumenti giuridici di programmazione) che non è certo assimilabile alla donazione e non rientra quindi negli atti che la legge prevede debbano essere stipulati alla presenza di testimoni.

La risposta è senz’altro positiva seppur sia da considerare l’aspetto legato alla lesione dei diritti dei legittimari mancato il donante o chi, affidante o terzo, apporta beni al fondo in trust. 

Presumiamo, per quanto ci pare di comprendere, che la srl in questione sia il trustee del trust e conseguentemente sia proprietaria, seppur tale proprietà sia condizionata e temporanea, dei beni apportati al fondo. L’istante si chiede allora quali siano i costi di modifica del trustee che succede all’ufficio. Che il trustee subentrante abbia natura giuridica diversa dal subentrato non cambia nulla ai fini dei costi di subentro. Certamente, ove vi siano immobili apportati al fondo, occorrerà che l’atto sia redatto per scrittura privata autenticata o per atto pubblico, poiché dovrà procedersi alla trascrizione dei citati. Il relativo costo dipende dagli onorari applicati dal notaio rogante. Per quanto attiene l’aspetto fiscale dell’operazione tali atti di sostituzione del trustee, se redatti con atto pubblico o con scrittura privata autenticata, saranno assoggettati all’imposta di registro in misura fissa in quanto «non aventi per oggetto prestazioni a carattere patrimoniale». … Analogamente, le imposte ipotecarie e catastali in misura fissa saranno dovute nell’ipotesi di formalità e volture catastali eseguite per effetto dell’atto di sostituzione del trustee. (Circolare AdE 34/E del 20 ottobre 2022 pagine 38-40).

Quando alla successione concorrono il coniuge e più figli, al primo spetta 1/3 ed agli altri i 2/3 (Articolo 581 del Codice Civile).

Risposta 1: in base al programma dell’atto istitutivo di trust.

Risposta 2: nel caso, non occorre alcun consenso se i beni appartengono ai genitori.

Risposta 3: non occorre alcun consenso all’apporto dei beni in trust da parte dei figli non disabili che, uniti ai loro discendenti, rivestiranno posizioni beneficiarie sul fondo, al termine di durata del trust.

Il soggetto titolare di un potere fiduciario, come un trustee, non può, direttamente o indirettamente, ritrarre alcun vantaggio dalla propria posizione se non previsto nell’atto istitutivo di trust. Di questo non abbiamo preso lettura e quindi non possiamo esprimerci in tal senso. 

Il trustee del trust che acquista un immobile nella sua qualità e non in proprio, quand’anche persona fisica, da altra persona fisica, pagherà l’imposta di registro e le imposte ipotecarie e catastali in misura ordinaria, oltre quanto ulteriormente dovuto, senza aggiunta alcuna di spese per effetto del fatto che parte della transazione sia un trustee.

Brevemente sulla battuta. Noi professionisti, fra l’altro, abbiamo il dovere di formarci e informarci in modo continuo e soprattutto, quello che spesso manca, seriamente, efficacemente e da fonti attendibili. Il diritto dei trust e dei contratti d’affidamento fiduciario è materia relativamente nuova e complessa, molto complessa. Ci sia passato il patriottismo: la nostra associazione è la fonte più attendibile che ci sia. Quindi non colpevolizzi il suo avvocato se le è capitato di verificare che era del tutto scevro riguardo la materia. Arriviamo ai quesiti.

Se un bene immobile è stato apportato in trust e si richiede una visura all’Agenzia del Territorio od alla Conservatoria dei Registri Immobiliari, il proprietario deve essere così indicato: Alfa srl o Mario Rossi nella qualità di trustee del Beta trust codice fiscale 00000000000. Questa è la dizione che va sempre riportata, in ogni occasione. Tuttavia, per molto tempo, una prassi che pare si stia perdendo, determinava che in visura il bene appariva intestato al trustee non specificando la sua qualità oppure, in particolare cosa del tutto errata, appariva intestato al trust che non è un ente ma un programma. Quindi, ogni qualvolta facendo visura non appare esattamente la dizione sopra indicata, è necessario adoperarsi per operare rettifica presso l’ufficio.

Non conosciamo questo atto istitutivo di trust ma il trustee deve avere poteri tali da consentirgli di muoversi con ampia discrezionalità fermo che alcune cose non possa farle o per compierle debba chiedere consenso o parere a qualcuno (ad esempio al guardiano). Ogni attività che lui compie, se evidentemente è protesa alla tutela delle posizioni beneficiarie nel senso più ampio, ha l’obbligo di compierla. Contrariamente, verrebbe appunto meno alle sue obbligazioni. Per quanto attiene il potere del trustee di variare la destinazione d’uso di un immobile apportato al fondo in trust da C2 a C3, come nel caso, è indispensabile apprendere, dall’atto istitutivo, se il trustee ha i poteri per compiere tale atto.

La pronuncia della citata sentenza riguarda un trust istituito a Londra il cui trustee pare fosse una società presumibilmente olandese nel cui fondo per fossero state apportate azioni di una spa. Nel caso si trattava, ed è questo il nodo centrale della questione, di un trust discrezionale che “permetteva ai trustee di pagare il capitale del trust a tutti i beneficiari o ad uno di loro, a vantaggio di tutti o di uno soltanto, nelle proporzioni e nel modo da loro ritenuto opportuno”. Insomma, i trustee discrezionalmente avrebbero scelto a chi e quanto pagare. Inoltre, pure il sistema di individuazione dei beneficiari non pareva affatto coerente con la discrezionalità dei trustee, anzi, sembrava che l’atto fosse stato scritto un po’ a modo di “copia e incolla”. Ad ogni buon conto proprio l’aspetto della discrezionalità dei trustee giustificava la proponibilità della domanda da parte della figlia e quindi erede legittimaria poiché, proprio questo aspetto, “priva il legittimario di ogni diritto, con la conseguente lesione di norme inderogabili dell’ordinamento nazionale”. Insomma, la figlia del disponente, in forza di quell’atto istitutivo di trust, poteva ricevere dai trustee più di quanto lei spettasse quale erede legittimaria, esattamente quello che le spettava, oppure meno od addirittura nulla. Ci pare proprio che il precedente in oggetto non pare per nulla comparabile con quelle che sono le sue intenzioni di istituire un trust interno a favore dei suoi figli che in quanto tali sono i legittimari che quindi non potranno per nulla ritenersi pretermessi dal programma che ci sembra abbia Lei in mente. Ci sia consentito di dire inoltre che anche i commenti alla sentenza di cui si tratta e indicate nel quesito, abbiano solo il primato d’esser state formulate. Tuttavia un legittimario può rivolgersi contro i negozi dispositivi lesivi della sua posizione. Non risulta infatti che la prassi dei trust interni si avvalga dei trust per ledere la posizione dei legittimari. Il trust infatti offre di rinviare l’effetto attributivo in favore dei vari legittimari e quindi, la funzione dell’atto istitutivo, è essenzialmente quella di preordinare tali attribuzioni, rinviandone l’attuazione al momento nel quale tutte le condizioni che il disponente indica nell’atto istitutivo di trust si siano verificate (M.Lupoi Istituzioni del diritto dei trust negli ordinamenti di origine e in Italia - § 235 P.317-318 – IV Ed. 2020 – Wolters Kluwer Milano).

Che si tratti di trustee persona fisica o giuridica, l’annotazione sul libro degli eventi è sempre da farsi e ciò per ogni qualsiasi evento riguardi il trust. Di certo andrà comunicata la variazione all’AdE. Se poi il trustee del trust è anche titolare di quote di società, la modifica andrà operata anche al Registro delle Imprese. Per non elencare tutti i pubblici registri, possiamo tranquillamente dire che detta comunicazione va operata ovunque emerga l’esistenza del trust e conseguentemente del trustee. Riteniamo che l’atto notorio non sia dovuto e che quale prova documentale di tale variazione possa essere impiegata una copia dell’annotazione estratta dal libro degli eventi. Può aver luogo tuttavia la richiesta da parte dell’ente che tale estratto debba essere autentico.

Fino ad ora, questo trust, dal punto di vista fiscale, pare gestito correttamente. Ora però le cose si complicano proprio perché nasce un figlio al disponente. La prima verifica da fare a questo punto, è se l’atto istitutivo dispone che una posizione beneficiaria verte solo sul reddito del fondo in trust o solo sul capitale, oppure dispone che non vi sia distinzione in questo senso e così la posizione verte sul fondo in genere. Il nostro legislatore tributario, con l’articolo 73 punto 2 del TUIR, tratta della questione. Tuttavia, ignora la distinzione fra beneficiari del reddito e beneficiari del fondo: essa è stata introdotta in via di interpretazione, così riferendo la previsione normativa ai soli beneficiari del reddito. Peraltro la norma generalizza questa soluzione a tutti i trust con beneficiari del reddito individuati nell’atto istitutivo del trust ovvero in “documenti successivi”.  Così la Circolare 6 agosto 2007, n.48/E: “Premesso che il presupposto di applicazione dell’imposta è il possesso di redditi, per “beneficiario individuato” è da intendersi il beneficiario di “reddito individuato”, vale a dire il soggetto che esprime, rispetto a quel reddito, una capacità contributiva attuale”. Anche la recente circolare 34/E del 20 ottobre 2022 non cambia direzione al riguardo. Evidente è che l’argomento è complesso ed è stato spesso oggetto di dibattito, in particolare, per quanto attiene la “puntuale individuazione” e i “documenti successivi”. Ci manca pure la lettura dell’atto istitutivo e diviene davvero difficile in questa sede dare una risposta migliore di questa.

Il trustee non può essere l’unico beneficiario del trust: se lo fosse, mancherebbe il profilo dell’affidamento a vantaggio di terzi o anche di terzi.

La risposta è senz’altro positiva. I trust auto dichiarati hanno avuto qualche resistenza al principio, sicuramente dall’Agenzia delle Entrate e sporadicamente dai giudici. Tuttavia questo aspetto è ormai da considerarsi del tutto superato, in particolare dopo la pubblicazione della circolare AdE n.34 del 20 ottobre 2022. L’ipotesi del trust opaco è del tutto coerente con la legge tributaria italiana (articolo 73 del TUIR). Infine, la residenza del trust, in generale, segue quella del trustee.

Impossibile rispondere compiutamente a questa domanda. Il diritto dei trust e degli affidamenti fiduciari è materia così vasta che non la si può certo racchiudere in una breve descrizione, tanto più che i primi derivano da ordinamenti giurisprudenziali della tradizione anglo-americana, dove le pronunce dei giudici hanno efficacia nei confronti di tutti e vanno a costituirlo l’ordinamento, mentre i secondi derivano dagli ordinamenti di diritto civile, come il nostro, dove il corpo delle leggi ne costituisce elemento sostanziale e le pronunce dei giudici hanno effetto solo tra le parte in causa ma costituiscono la posizione, per qualche verso spesso liquida, assunta del giudice nei singoli casi giudiziari. Entrambi sono strumenti giuridici di programmazione, ovvero, un programma, volto a regolamentare qualsiasi caso in ogni ambito della vita dell’essere umano, sia esso privato o d’impresa ed in ogni caso sempre nel senso più ampio. Possiamo dire con serenità che non esiste un caso che non possa essere risolto efficacemente attraverso l’istituzione di un trust o di un contratto d’affidamento fiduciario. Si tratta in conclusione di strumenti giuridici semplicemente formidabili. C’è tuttavia un aspetto sempre importante da tenere in debita considerazione: non sono strumenti, questo è certo, utili a nascondere redditi o proprietà e giammai utili, in particolare esclusivamente, ad evitare l’aggressione da parte dei creditori.

Il trust autodichiarato, dove il disponente assume anche l’ufficio di trustee, frequentissimo nei paesi di origine, ha avuto in Italia qualche resistenza all’inizio da parte dell’Agenzia delle Entrate più che dal Giudice, ma oggi tutto ciò pare ampiamente superato. Tuttavia, data questa dualità disponente/trustee, rende opportuno, sicuramente nel nostro ordinamento, che vi sia un guardiano terzo. L’ordinamento svizzero è notoriamente più libero di quello italiano quindi, tutte queste accortezze, sono meno sentite. La criticità che si pone istituendo un trust estero è che la nostra amministrazione finanziaria in particolare, non vede mai tutto questo di buon occhio e ciò non solo per i trust, ma anche per le società, le fondazioni, i fondi quotati o meno e tutti gli altri strumenti giuridici localizzati oltreconfine in particolare in paesi a fiscalità o con sistema finanziario particolarmente agevolato. Bisogna poi vedere quale sarà la legge regolatrice del trust scelta dal disponente, quale sarà la nazionalità del disponente/trustee, dato che la residenza di quest’ultimo determina la sede del trust, dove saranno localizzati i beni apportati al fondo in trust, quale sarà la residenza di chi rivestirà le posizioni beneficiarie (più impropriamente beneficiari). In generale se il disponente/trustee è residente in Italia, lo stesso è per i beneficiari ed anche i beni apportati sono, anche solo in parte, localizzati in Italia, istituire un trust svizzero appare sconveniente. Se per gravami sui beni intende ad esempio pegni od ipoteche, quand’anche detti beni siano apportati al fondo in trust, quei gravami restano e sono portatori dei medesimi effetti. Da ultimo, i trust, assolutamente non solo nel nostro ordinamento, non sono per nulla strumenti efficaci se istituiti nella sostanza allo scopo di evitare azioni da parte dei creditori. L’apporto al fondo è un atto a titolo gratuito, la revocatoria è già scritta. In più, ciò può determinare anche effetti penali gravi se è accertato che l’atto abbia natura fraudolenta nei confronti dei creditori o nei riguardi della sottrazione al pagamento delle imposte.

Per beneficiare del vantaggio fiscale di esenzione IMU sulla prima casa, è indispensabile soddisfare, oltre una certa serie di condizioni, quella attinente all’esistenza di un titolo di proprietà valido, ovvero quella di vantare un diritto reale di godimento, sull’abitazione di cui si tratta. Qui i trustee sono entrambi pieni proprietari di due immobili, ma lo sono in maniera confusa, sta a dire che entrambi sono proprietari di parte dell’uno e parte dell’altro. Peraltro lo sono in qualità di trustee e non in proprio. Quindi, stando così le cose, alcuno potrebbe godere del vantaggio fiscale di esenzione IMU e ciò più per il fatto che i “proprietari” lo sono per confusione e non tanto perché lo sono in qualità di trustee. La soluzione possibile, in generale, potrebbe essere quella per cui, attraverso scrittura privata autenticata (notaio), sia assegnato dai trustee il diritto di abitazione di ciascun immobile al fratello che ci vive in proprio. In tal modo, in questo caso, essendo soggetto passivo IMU solo chi gode del diritto di abitazione su ciascun immobile dove risiede, sussisterebbe il diritto all’esenzione IMU sulla prima casa per entrambi, ferme tutte le altre condizioni previste dalla disposizione attinente all’imposta.

Premettendo: il trustee, è proprietario dei beni del fondo in trust, ma essa proprietà è condizionata e temporanea. È condizionata poiché il trustee impiega i beni unicamente per perseguire il programma destinatorio dell’atto istitutivo di trust e non può certo di quei beni farne quel che vuole né tanto meno può trarre da essi alcun vantaggio, altrimenti compirebbe una grave violazione delle sue obbligazioni fiduciarie su di lui gravanti in forza della legge o dell’atto istitutivo (in inglese “breach of trust”). È temporanea poiché il trustee può venire meno dal suo ufficio per qualsivoglia ragione in qualsiasi momento: dimissioni, revoca, morte, incapacità sopraggiunta. Posto quindi che il trustee non è titolare in proprio del diritto di proprietà dei beni apportati al fondo ma lo è in qualità di trustee, e quindi non se ne arricchisce (passaggio ormai consolidato in giurisprudenza, dottrina e da ultimo in prassi con la circolare AdE 34 del 20 ottobre 2022), non è nemmeno tenuto ad indicarli nel suo ISEE che redige in proprio e non in qualità di trustee.

Ora, riguardo la ragione del controsenso “informatico” nella compilazione ISEE per il quale da una parte tali beni scendono e dall’altra no, non sappiamo dire. Quello che possiamo dire, ripetiamo, è che i beni immobili di cui la persona fisica è proprietaria nella qualità di trustee del trust, non vanno indicati nell’ISEE. Ciò anche se, aggiungiamo, conservatoria dei registri immobiliari e catasto o solo un di loro, abbia trascritto la proprietà dei beni in capo al trustee senza indicare che opera nella qualità di trustee del trust. Ove dovessero esservi tali difformità, è necessario intervenire per ripararle.

Ci pare di comprendere che l’istante non abbia alcun atto alla mano di detto trust ma voglia tuttavia sapere dove ha la sede amministrativa. Non esiste un registro dei trust in Italia, almeno non ancora e quindi non è possibile quindi, come per le società, recarsi presso un Registro dei Trust, come presso il Registro delle Imprese, e fare una visura. Quindi, per conoscere quale sia la sede amministrativa di un trust, è necessario risalire all’atto istitutivo. I trust posso essere istituiti per atto pubblico, scrittura privata autenticata ma anche per scrittura privata registrata. Conoscendo il notaio rogante, sia l’atto pubblico che la scrittura privata autenticata registrata a Raccolta, possono essere richiesti in copia. Le scritture private registrate invece, sono trascritte, almeno, presso qualsiasi Agenzia delle Entrate. Orbene, già è complicato reperire un atto registrato presso l’AdE, figuriamoci quanto complesso potrà essere entrare in possesso di una copia dell’atto, di cui ignoriamo pure presso quale ufficio territoriale lo stesso è stato registrato. Altro metodo è seguire la traccia dei beni. Se sappiamo che in un dato trust è stato apportato un dato immobile che possiamo identificare, attraverso la Conservatoria dei Registri Immobiliari è possibile conoscere i dati del trustee che è intervenuto in atto e quindi risalire al trust ed agli estremi del suo atto istitutivo, sempre che, sia stato redatto per atto pubblico o scrittura privata autenticata. Infine, anche qualora si riesca a reperire una copia dell’atto istitutivo di trust, il trustee potrebbe aver nel frattempo cambiato sede amministrativa.

L’art. 1 comma 2 lett. q) del Decreto 11 marzo 2022 n.55, rinvia all'articolo 22, comma 5, primo periodo del decreto antiriciclaggio (231/2007) con riferimento ai trust e gli istituti giuridici affini ai trust. Il materiale in parola è disponibile gratuitamente e perfettamente aggiornato sul sito web https://www.normattiva.it. Sempre rimanendo sulle fonti, il manuale operativo edito da Unioncamere è essenziale e lo potrà trovare digitando sulla stringa di google, appunto, “manuale operativo titolari effettivi Unioncamere”. Le uscirà direttamente il pdf del manuale da poter scaricare liberamente. Tuttavia, il materiale più utile e di più alto livello editoriale e dottrinario, per cui riguardo i trust e le attività fiduciarie non c’è pari, è la rivista Trust e Attività Fiduciarie in Rete al link  https://www.rivista-trust.it/ dove troverà tutto quello che cerca redatto da professionisti, studiosi e docenti, di altissimo livello. Associandosi poi all’Associazione Il trust in Italia https://www.il-trust-in-italia.it/registrazione.html potrà abbonarsi alla rivista a prezzi molto competitivi ed è garantito che dato il livello delle pubblicazioni, il rapporto qualità/prezzo del servizio è formidabile. 

Quindi, allorché nel 2013 con provvedimento giudiziale l’immobile fu assegnato all’ex coniuge (Sua moglie), esso era già stato apportato al fondo in trust nel 2008. L’assegnazione dell’immobile “di famiglia” alla moglie (in particolare se con figli magari pure minori), a seguito di pronuncia di separazione giudiziale successiva all’apporto in trust, costituisce diritto personale di godimento per ella ma ciò non è assimilabile ad un diritto reale per la signora (Cassazione n.12466 del 19.07.2012). È evidente tuttavia che quando Lei fa riferimento alla “gestione” dell’immobile da parte Sua nella qualità di trustee del trust e ravvede un certo limite operativo, fa una considerazione comprensibile dato che l’immobile è occupato, seppur legittimamente, dall’ex coniuge. Pertanto, oggi, detto immobile, è di proprietà del trustee del trust ma occupato a seguito di pronuncia di separazione giudiziale dalla signora. Quanto all’interposizione, essa sta ad esprimere un concetto che nulla ha a che vedere con questi fatti appena narrati. Perché un trust possa essere considerato interposto è necessario che i poteri riservati al disponente o ai beneficiari siano talmente ampi e pervasivi da far sì che, direttamente o indirettamente, gli stessi effettivamente dispongano del patrimonio trasferito in trust come se fosse loro (Il Sole 24 Ore, 5 giugno 2023, NORME E TRIBUTI p.29, Andrea Vasapolli). Detta condizione non è affatto ravvisabile nella situazione di specie.
Per quanto attiene la fiscalità diretta non parrebbe che l’immobile sia a carico della ex moglie ma, di contro, a carico del trust che è fiscalmente entificato e quindi soggetto IRES ex art.73 del TUIR. Resta da considerare tuttavia che qualora il diritto di occupazione, di cui alla sentenza della Suprema Corte sopra richiamata, fosse assimilabile al diritto di abitazione, almeno dal punto di vista fiscale, le imposte ricadrebbero sul titolare del diritto (l’ex coniuge) e non sul trust, il cui trustee nella sua qualità, resterebbe pieno proprietario di immobile gravato del diritto di abitazione a favore della signora.
Si sarebbe comunque dovuto quindi presentare il modello Unico Enti Non Commerciali da parte del trust fin dall’apporto dell’immobile al fondo. Si sarebbe altresì dovuto indicare la piena proprietà del trust (ai fini fiscali), gravata del diritto di abitazione da parte della signora e quindi senza che il trust scontasse l’IRES, non dovendo l’IRPEF nemmeno l’ex coniuge esistendo i requisiti della prima abitazione, oppure, dichiarare la piena proprietà da parte del trust (sempre ai soli fini fiscali) con pagamento dell’IRES ordinaria non considerando l’occupazione assimilabile al diritto di abitazione seguendo, in questa seconda ipotesi, la citata sentenza della Suprema Corte.
Fa eccezione l’IMU, la cui disciplina prevede l’estensione automatica delle agevolazioni anche al caso di abitazione assegnata al coniuge separato, per il quale è riconosciuto (solo ai fini IMU appunto), il diritto di abitazione (Legge 26 aprile 2012, n. 44 Conversione in Legge, con modificazioni, del Decreto-Legge 2 marzo 2012, n. 16) e, ove ricorrendo i requisiti di prima abitazione, vigerà esenzione ai fini dell’imposta.

I disponenti ove più d’uno, nel silenzio dell’atto istitutivo di trust, agiscono consensualmente, ovvero, solo se tutti d’accordo. Quindi, per mutuo consenso, costoro, ove abbiano il potere di nominare un guardiano, possono far cadere la scelta su un terzo, oppure su un di loro stessi o su entrambi o su tutti. Per la formalità della nomina è necessario leggere cosa disponga in tal senso l’atto istitutivo di trust. Generalmente, è previsto che essa abbia luogo per scrittura privata autenticata dal notaio. L’ausilio notarile peraltro, diviene un passaggio obbligato se l’atto istitutivo di trust non prevede la figura del guardiano ed allora si dovrà prima modificare l’atto istitutivo, per cui occorre il notaio, prevedendo e disciplinando il funzionamento dell’ufficio di guardiano e poi disporre la sua nomina. Ove invece l’atto istitutivo di trust già preveda e disciplini l’ufficio di guardiano regolando magari la nomina di costui anche con scrittura privata registrata presso l’AdE (e con successiva annotazione sul libro degli eventi dell’avvenuto atto di nomina) o addirittura preveda che la nomina possa ver luogo unicamente con semplice annotazione sul libro degli eventi, ovvero l’atto taccia completamente sul punto, i disponenti, nella loro qualità per esercizio del potere di nomina, il trustee nella sua qualità per accettazione della notizia e il guardiano per accettazione della carica, sottoscriveranno tale atto. Per ciò si potrebbe prendere spunto dal seguente esempio:

Il giorno … del mese … dell’anno … presso … i disponenti signor … (dati anagrafici) e signor … (dati anagrafici), premesso:

-   che in data … con atto a rogito Notaio … in … raccolta … repertorio è stato istituito il trust denominato … con sede …, codice fiscale …;

-   che il trustee attualmente in carica del trust è il signor …;

-   che in sede di stipula dell’atto è stato prevista la nomina del guardiano ma alcuno è stato nominato a tale ufficio disciplinato agli articoli … dell’atto istitutivo di trust;

dispongono

di nominare il signor … all’ufficio di guardiano, fino a dimissioni, revoca, incapacità o morte. Al nominato guardiano sono attribuiti i poteri previsti dall’atto istitutivo di trust.

… disponente

… disponente

Per loro disposizione di nomina

… il trustee

Per ricevuta notizia di nomina

… il guardiano

Per accettazione della carica

… il …